La Cassa di Sant’Antonio Abate
La grande opera lignea, capolavoro del barocco genovese, fu realizzata tra il 1703 e il 1710 dallo scultore Anton Maria Maragliano su commissione della Confraternita di Sant’Antonio Abate detta “dei Birri” (la polizia dell’epoca) in Strada Giulia e venduta nel 1874 alla Confraternita di Mele, a causa della demolizione dell’Oratorio genovese per permettere la realizzazione dell’attuale Via XX Settembre.
La scultura rappresenta Sant’Antonio Abate contemplante il corpo esanime di San Paolo Eremita con due leoni che scavano una fossa mentre l’anima sorretta da angeli sale al cielo.
Un angelo sorregge la mitra e il pastorale, vicino ci sono il maialino e il fuoco ardente simboli iconografici del Santo.
E’ una delle poche opere processionali del Maragliano dove l’evento è racchiuso in se stesso e non aperto in forma di rappresentazione devozionale.
Le figure dei santi sono grandi al vero. Sant’Antonio ha l’abito proprio del suo ordine monastico con il simbolo della Tau sulla spalla destra, San Paolo è vestito con una tunica di stuoia intrecciata tipica degli anacoreti (eremiti) della chiesa orientale dei primi secoli.
Solo gli angeli e il manto dell’anima hanno decori tipici delle stoffe genovesi del tempo.
L’opera è tuttora portata processionalmente, una volta l’anno il 15 agosto, da squadre di 16 uomini e il suo peso si stima in oltre 10 quintali.
La Cassa di Sant’Antonio Abate – Il restauro
La Cassa del Maragliano dal settembre 2009 è stata sottoposta a complessi e delicati restauri realizzati nel laboratorio di Antonio Silvestri.
Prima degli interventi l’opera è stata sottoposta a una batteria diagnostica completa, a partire dagli esami radiografici per valutarne anche la staticità e verificarne l’anima metallica che aveva subito manomissioni, probabilmente in buona fede, che però ne hanno irrigidito la struttura e provocato fessurazioni.
Sono state verificate anche la qualità, l’essenza e la datazione del legno e con stratigrafie e prelievi colorimetrici l’originalità della struttura pittorica, di pregio assoluto ed ora riportata in luce.
E’ stato inoltre eliminato il bordo del basamento ligneo aggiunto successivamente perché, oltre ad appesantire l'estetica dell’opera ne aveva alterato il ritmo con l'asportazione delle decorazioni a ramarri, foglioline e fiori che sono state ricollocate nella posizione originale.
Il 5 giugno 2010 la maestosa cassa processionale è stata montata in piazza a Mele e riconsegnata alla Confraternita.
Sant’Antonio Abate “il Vecchio”
La piccola Cassa processionale è citata in un libro di conti della Confraternita per le aggiustature a cui viene sottoposta nel 1639.
Ciò ha portato la probabile datazione alla seconda metà del XVI secolo.
Datazione confermata dal restauro che ha evidenziato, pur nella semplicità della rappresentazione, l’epoca e l’alta qualità del manufatto. Mentre la struttura fasciata di noce d’india è del 1718 come risulta dall’atto notarile di fabbricazione.
È stato rinvenuto, sotto lo strato delle ridipinture e degli stucchi, parti della doratura originale a racemi di Sant’Antonio e la particolare realizzazione della veste di San Paolo fatta con canne palustri intrecciate secondo la tradizione iconografica del Santo Anacoreta.
E proprio iconograficamente si rileva l’appartenenza dell’opera al secolo del Concilio di Trento: il Santo, pur nella gloria dell’immagine (particolare la coloritura degli incarnati, le dorature), è ponte e mediatore con la Grazia Divina. A tal proposito si confronti la grande cassa processionale del Maragliano con lo stesso soggetto che manifesta una corporeità da parata tipicamente barocca.
La disposizione delle statue non è l’originale in quanto ha subito molte modifiche nel corso dei secoli ma ne rispecchia molto l’ideale rappresentativo.
Infine i due leoni (da notare le code in ferro battuto) in postura quasi araldica danno a tutta l’opera una forte caratterizzazione simbolica.