In un referto pastorale del Capitolo di S. Maria del Borgo alla Curia di Lucera, stilato nel 1595 (1), tra i numerosi luoghi di culto della terra di Santo Licandro è citata la chiesa di S. Giovanni Battista. Integrando questo documento con alcune visite pastorali, antecedenti soltanto di qualche decennio, si può stabilire con certezza che la chiesa esisteva già nel sec. XVI, ma sono ancora ignoti il periodo e il contesto storico e socio-culturale in cui è collocabile con esattezza la sua fondazione. Un'ipotesi verosimile sembra essere quella di un interesse dei Cavalieri di Malta, detti anche di S. Giovanni, a diffondere il culto del loro Patrono in queste zone, che spesso percorrevano per raggiungere la Sacra Spelunca dell'Arcangelo Michele: tuttavia la documentazione è ancora insufficiente a far luce. Le uniche fonti attendibili sono le visite pastorali che i vescovi compivano saltuariamente per verificare lo status animarum e la conduzione dei beni ecclesiastici nei vari centri della Diocesi. In queste importanti e spesso dettagliate testimonianze è possibile rilevare gli aspetti specifici che caratterizzavano l'edificio e la sua amministrazione. Ci è manifesto innanzitutto che tra il 1570 e il 1600 la chiesa di S. Giovanni, sita ancora extra muros, era tutelata dalla facoltosa famiglia di don Carlo Saggese (2) e, quindi, dai suoi discendenti: non è possibile, tuttavia, stabilire se fosse una cappella gentilizia o se i Saggese la curassero solo a titolo devozionale. Essa, inoltre, è spesso menzionata con il titolo abbazia: è da escludere a priori il riferimento ad un centro monastico. Piuttosto probabile, invece, sembra la correlazione di questo appellativo con la grande quantità di beni che la chiesa doveva possedere nel territorio; di conseguenza i rettori assumevano il titolo di abate. Nel 1688, nella sua visita ad limina il vescovo di Lucera Mons. Domenico Morelli (3) trova la chiesa in stato precario, con il tetto, le finestre e il pavimento che necessitano di ripari; l'onere delle messe (e presumibilmente la cura del tempio) è affidato al Rev. Don Giuseppe Mancino. Non era ancora stata costruita la Sacrestia, e quando vi si celebrava la messa, le suppellettili erano portate dalla Chiesa Matrice. Nella relazione si parla, inoltre, di una statua lignea di S. Michele e di un antico quadro con la Vergine e alcuni santi, di cui oggi non si ha più traccia; la statua di S. Giovanni Battista ivi menzionata, sembra non corrispondere a quella oggi venerata. Vi era inoltre un altare dedicato a S. Orsola, della famiglia Campanozzo, traslato dalla Chiesa Madre per il fetore che emanava la porta del cimitero, presso cui era posto (4). Per tutto il secolo successivo la situazione rimase invariata: la chiesa perseverava pressoché in stato di abbandono.
Con l'atto dell'abate Ricci la vita della chiesa è assimilata dall'attività spirituale e amministrativa della Confraternita del Rosario. Da questo momento, grazie ai fondi del sodalizio, alla competenza amministrativa dei suoi priori e al consistente livello socio-culturale dei suoi membri, ha inizio una lunga fase di ristrutturazione e ammodernamento del sacro edificio, ormai lontano dall'abbandono dei secoli precedenti. E' in questo periodo che si può collocare la costruzione della volta a botte (prima vi erano le capriate a vista) e della Sacrestia, la modifica della facciata esterna secondo i vigenti canoni neoclassici, l'impianto dell'artistico portale in pietra (1825) e l'arredo dell'interno con stucchi e decorazioni pittoriche. Furono inoltre realizzati la cantoria con l'organo, il pulpito e il coro ligneo. Probabilmente nello stesso 1792 veniva scavata la prima fossa per i defunti della confraternita nella nuova sede (5): altre ne saranno scavate, o verranno adeguate quelle già esistenti. La cripta maggiore, sotto il presbiterio, recava la data del 1814, corrispondente alla sua fondazione o al suo rimodernamento (6). Gradualmente, nelle pareti della chiesa furono ricavate le nicchie per ospitare le statue dei santi che venivano commissionate per arricchire il culto popolare. Nel 1846 è edificato il nuovo altare (7) a spese dei confratelli del Rosario, consacrato dal vescovo di Lucera Mons. Giuseppe lannuzzi nel 1851, come testimonia una lapide posta sul presbiterio; quello precedente, demolito indubbiamente per l'adeguamento a nuovi canoni liturgici era, con molta probabilità, in pietra locale scolpita in barocco povero". Sotto il regime napoleonico (1807 ca.) la chiesa e, in parte, la Confraternita vengono private quasi del tutto dei loro beni immobili, conformemente alle vigenti leggi del codice murattiano (8). Nel 1899, con bolla pontificia di papa Leone XIII, il sodalizio ottiene l'elevazione al titolo di Archiconfraternita, con il privilegio di aggregare a se tutte le confraternite del Rosario della diocesi di Lucera (9). Dopo circa due secoli che videro sparuti lavori di manutenzione, nel 2000 l’Arciconfraternita del Rosario sopperisce ancora una volta ai bisogni della chiesa, finanziando un'opera di restauro alquanto consistente per garantire soprattutto la sicurezza statica, indebolita fortemente dall'antichità dell'edificio e dalle scosse sismiche degli anni addietro. I lavori, svolti con peculiare rispetto dei canoni artistici preesistenti, hanno ridonato all'edificio le singolari fattezze della ristrutturazione ottocentesca. Il 24 giugno 2002, giorno della riapertura al culto dopo i restauri, il vescovo di San Severo Mons. Michele Seccia con una solenne celebrazione onora l'opera dell'Arciconfraternita del Rosario e restituisce la chiesa ai fedeli.
La chiesa è immatricolata presso la Soprintendenza ai Beni Storici ed Artistici dal 1985, ed è individuata in catasto dalla particella A 845 del comune di San Nicandro Garganico. E' costituita da una navata unica, lunga m. 16 ca. e larga m. 7,5 ca.; la volta è a botte a tutto sesto e nel suo punto più alto misura, da terra, m. 7,3 ca. Due archi a sesto ribassato, sostenuti ognuno da due pilastri, sorreggono la copertura e dividono la volta in tre campate, ognuna adorna di decorazioni floreali in stucco e foglia d'oro, e avente al centro una tempera, raffigurante nella prima il Battesimo di Gesù, in quella centrale la Vergine che consegna il Rosario a S. Domenico e in quella posteriore, degli Angeli in adorazione a Gesù Sacramentato; le tre tempere sono state eseguite dall'artista locale Vincenzo Luigi Torelli nel 1921. Le due coppie di pilastri, decorati da lesene con capitelli corinzi, di conseguenza dividono la navata in tre parti uguali, di cui quella posteriore è occupata integralmente dal presbiterio. Le finestre sono dieci: sei, di forma quadrangolare si aprono nelle mura laterali (la centrale del muro destro è murata per la presenza di un fabbricato residenziale a lato della chiesa) al di sopra del cornicione interno, formando delle lunette nei fianchi della volta; altre quattro, semicircolari, si trovano in coppia rispettivamente nel muro posteriore e nella facciata. Nell' interno, al di sopra del tamburo ligneo dell'entrata, si erge la cantoria che, impiantata nel muro anteriore della chiesa, si estende dalla parete destra a quella sinistra; vi si accede mediante una scala "a chiocciola" in ghisa, posta sulla sinistra dell'ingresso. Essa ospita al suo centro un organo a mantici e nove registri, tastiera in bosso e cassa armonica lignea a tre ordini; tutto il complesso è attestabile all'inizio del sec. XIX, ed è ornato da decorazioni pittoriche e in foglia d'oro e argento. Nei pressi dell'entrata, ad ognuna delle pareti laterali è infissa un'acquasantiera; quella di sinistra alquanto antica, è in pietra vermiglia ed è affiancata dalla piastrella marmorea consegnata dalla Rev.ma Curia Vescovile in ricordo dell'Anno Giubilare 2000.
Vi sono in tutto 10 (dieci) simulacri, disposti in apposite nicchie lungo le pareti:
- parete sinistra: 1. S. Matteo Ap. Ev., in legno finemente scolpito e decorato - prima metà Ottocento. 2. S. Teresa di Gesù, Bambino, in legno di pino cembro - 1938 . 3. Vergine Incoronata, in legno di tiglio finemente lavorato-scuola napoletana metà `700 . 4. S. Lucia v. m., manichino vestito in stoffa; testa, mani e piedi scolpite in legno - seconda metà `800. 5. (sul presbiterio) S. Giovanni Battista con Cristo, in legno scolpito con maestria - probabile scuola napoletana primi Ottocento.
- trono centrale: 6. S. Domenico, manichino vestito in stoffa; testa, mani e simboli (crocifisso, cane e mappamondo) finemente scolpiti in legno - metà `800. 7. Madonna del Rosario, manichino vestito in stoffa; testa, mani e Bambino scolpiti in legno con gran maestria - 1679, di derivaz. spagnola. 8. S. Rosa da Lima, manichino vestito in stoffa; testa e mani finemente scolpite in legno - metà `800.
- parete destra: 9. S. Nazario m., in cartapesta "leccese" - metà `800 (restaurata). 10. S. Ciro, in legno finemente scolpito e vestito in stoffa - 1888 .
Sempre lungo la parete destra sono collocati, su mensole di legno, tre scarabattoli contenenti il primo Maria Bambina, in cera finemente lavorata, il secondo Sant’Anna con Maria bambina, in legno scolpiti con maestria, il terzo Santa Teresa d’Avila, manichino vestito di stoffa con testa e mani scolpiti in legno.
Ogni nicchia è sovrastata da una targa in legno, finemente lavorata e decorata, contenente il nome del santo rappresentato dal simulacro.
La parete presbiterale è sovrastata da un maestoso trono che, ergendosi dal coro ligneo fino a toccare la volta, corona il simulacro della Madonna del Rosario; è costituito da una coppia di paraste con capitelli corinzi per ogni lato della nicchia, reggenti un timpano arcuato, decorato al centro e sull'estradosso con forme simili a quelle della volta; le nicchie di S. Domenico e S. Rosa, sono poste rispettivamente a destra e a sinistra del trono. Lungo le due pareti laterali, al di sotto del cornicione che delimita la volta, vi sono quattordici stampe in bianco e nero delle Stazioni della Via Crucis. Sul muro destro adiacente l'entrata, è affissa una lapide in memoria del restauro 2000-2002 mentre su quello sinistro è affissa una lapide in ricordo della visita del Cardinale Raymond Leo Burke del 02 / V / 2012.
Il presbiterio è rialzato di un gradino rispetto alla chiesa. A sinistra, nel pavimento sotto la nicchia di S. Giovanni, vi è la lapide in ricordo dei defunti sepolti nella chiesa, che chiude l'accesso alla cripta maggiore ripulita durante i restauri. Quindi, dopo la nicchia del S. Patrono si apre il coro, in legno d'abete, che percorre tutta la parte absidale per terminare sulla parete destra con la porta di accesso alla sacrestia. I due angoli del coro ospitano il primo l'accesso, ben mimetizzato, al locale adibito a magazzino, quello destro, invece, un piccolo armadietto, anch'esso irriconoscibile, per conservare parte della suppellettile. Il centro del coro è occupato da un artistico seggio, decorato in foglia d'oro e argento in cui solitamente ha posto, durante le funzioni, il Padre Spirituale o il Priore. Sulla parete destra, appena fuori del presbiterio e sotto il cornicione, vi è il pulpito, in legno artisticamente decorato, che reca all'angolo posteriore una mano lignea, con ricca manica di camice, che stringe un crocifisso; l'entrata è posta nell'adiacente sacrestia. Al di sotto di esso vi è la sede del celebrante, costituita da una maestosa poltrona con due seggiole laterali, tutte in legno dorato e tappezzate di damasco verde e oro; poggia trasversalmente tra il gradino del presbiterio e una pedana di prolungamento in legno. L'ambone, in legno dorato similmente alla sede, è mobile ed è collocato dall'altra parte, a sinistra. L'altare maggiore, risalente al 1846, come da lapide posta sotto la nicchia di S. Giovanni, è in pregiato marmo policromo molto stilizzato con poche, ma di ottima fattura, decorazioni a rilievo; è rialzato di tre gradini e costruito secondo la disposizione pre-conciliare: la messa, quindi, è celebrata dando le spalle ai fedeli poiché, per esiguità di spazio, non è possibile l'impianto di un altare, anche mobile, rivolto al popolo. Su di esso sono disposti solitamente i candelieri con candele a luci elettriche e al centro, sul tabernacolo ove si conservano le SS. Specie, è collocato un crocifisso; la mensa è rivestita da una balza in stoffa di colore vario a seconda del tempo liturgico, e una tovaglia in lino bianca pendente ai lati; a destra della mensa (corrispondente alla sinistra del celebrante) vi è la lampada a Gesù Sacramentato. Nel muro posteriore dell'altare è stato ricavato uno spazio, utilizzato come sacrario per la conservazione delle suppellettili e dei vasi sacri più in uso quotidianamente. Dei quattro altarini minori parietali ne rimangono due, sempre in marmo policromo molto semplici: il primo è a sinistra, sotto il simulacro della Vergine Incoronata, l'altro di fronte, in onore di S. Nazario. Sono ornati ognuno di candelieri, palme e un crocifisso, tutti in ottone, e le mense rivestite da una tovaglia bianca in lino: su di essi non si celebra alcuna messa.
La sacrestia è costituita da due locali uniti e addossati al muro destro della chiesa in corrispondenza del presbiterio. La parte maggiore, sicuramente più antica, presenta una volta a botte lunettata ai fianchi; ivi sono disposti un grande e pregiato armadio di castagno, in cui è conservata gran parte della suppellettile e paramenti, un piccolo tavolo in legno, coppia di comò per la vestizione del celebrante, alcuni quadri, di cui due (Madonna del Rosario e Fuga in Egitto -sec. XVIII) di valore storico e artistico, un armadio per gli abiti dei sodali, una libreria che tiene esposti libri di vario genere e suppellettili non più utilizzate, l'Albo dei Confratelli di Coro e nicchia contenente il simulacro della Madonna della Neve. Anticamente la sacrestia era arredata da un grosso e maestoso mobile in noce, disposto ad angolo lungo tutta la parete destra fino a quella dirimpetto all'entrata, in cui era conservata ogni cosa, dai paramenti, alla suppellettile, agli abiti del sodalizio.
L'entrata posteriore dà in un piccolo atrio, ricavato tra il muro della chiesa e quello della sacrestia, in corrispondenza del campanile; l'atrio, a sua volta, volge a mezzo di un portone, affianco al retro della chiesa, in via XX Settembre. Le campane sono due: la maggiore, in Sol alquanto melodiosa, è datata 1622; la minore, dal suono più cupo, risale probabilmente al XVIII secolo. Il sistema per suonarle è elettrico.
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- Archivio parrocchiale S. Maria del Borgo - Atti del Rev. Capitolo, docc. cit.
- Archivio diocesano di Lucera - ss. visite 1560-1580.
- Archivio storico Arciconfraternita del Rosario - s. visita di Mons. Morelli, doc. cit.
- Idem.
- La fossa presso l'entrata della chiesa reca incisa proprio la data del 1792 sulla botola lapidea di chiusura.
- E' l'unica accessibile: le altre, site ancora sotto il pavimento della chiesa, sono state richiuse durante i restauri del 2000-2002, per ovvi motivi di igiene e per incongruenze tecniche dei livelli.
- Dai lavori di rimozione dell'altare attuale per la ripulitura dei marmi, sono emersi dei frammenti di altare in pietra locale lavorata, riutilizzati come materiale di riempimento: recuperati, sono tuttora conservati.
- Liana Bertoldi Lenoci - Le confraternite di San Nicandro Garganico. Devozione e arte, in Atti del ]'Convegno di Studi "San Nicandro e il suo territorio nel contesto della storia del Gargano " a cura di P. Corsi, 2000, op. non pub.
- Archivio storico Arciconfraternita del Rosario - xerocopia bolla pontificia di Leone XIII.